"Foxcatcher - Una storia americana"

("Foxcatcher") - 2014

 

Avevo sentito parlare molto bene di questo film, che aveva addirittura ricevuto 5 candidature ai premi Oscar (cosa che personalmente non ritengo garanzia di qualità, specie negli ultimi anni, ma questo è un altro discorso).

Lo dico subito, alla fine dei 134 interminabili minuti (il film è molto lento e procede a fatica) non posso ritenermi soddisfatto dalla sua visione, nonostante alcuni evidenti pregi che lo contraddistinguono ma che, a conti fatti, non lo salvano.

Ho accennato alla durata e al ritmo. "Foxcatcher" si prende più di due ore per raccontare una storia senza grandi punti di svolta, con nessun colpo di scena se non nei minuti finali, una manciata di attori con pochissimi dialoghi (ma che catturano bene l'attenzione su alcuni temi trattati, come la solitudine) e una colonna sonora piuttosto blanda (realizzata da Mychael Danna che, nonostante l'esperienza, non è mai diventato famoso per i suoi motivi memorabili). La regia molto classica di Bennet Miller svolge il suo compito senza grandi possibilità di manovra poiché tutto il peso della storia è lasciato agli attori, soprattutto i tre principali, che hanno il pesantissimo compito di giocare tantissimi minuti solo con le espressioni: ed è qui, secondo me, il vero fulcro della mia insoddisfazione, che invece doveva essere la forza della pellicola. I tre attori in questione sono Carell, Ruffalo e Tatum.

Partiamo dal migliore dei tre, senza dubbio Mark Ruffalo. Bravissimo sia nel verbale che nel non verbale, molto efficace in tutte le sfumature di emozioni che il suo personaggio attraversa. Riusciamo a capire il suo punto di vista senza problemi e, cosa ancora più importante, dà estrema credibilità ad un ruolo non particolarmente sfaccettato dalla sceneggiatura, specie nella parte centrale dove viene lasciato un po' in disparte per esigenze di trama.

La prima nota stonata è Carell, attore che invece adoro nelle parti drammatiche, che dipinge bene il suo complessissimo Du Pont con l'uso della voce e del corpo, ma che poi mi risulta estremamente legnoso nell'espressività del viso, facendomi trovare difficoltà a capire cosa voglia esprimere in praticamente tutti i primi piani, probabilmente a causa del pesante trucco prostetico a cui si è dovuto sottoporre (apro una parentesi per il trucco e parrucco del film, qualitativamente ottimo).

La vera nota dolente però è quella che mi aspettavo e che puntualmente si è rivelata: quel cane di Channing Tatum.

Perché dare ad un attore pessimo una parte come questa? E' follia pura! Fisicamente all'altezza ma...finisce lì. Per tutto il film (ma mi è successo anche con altre pellicole, tipo "Step-Up") ho creduto che il suo personaggio fosse autistico quando invece non era così. Espressività zero, carisma zero, capacità recitative zero. In un film dove è il protagonista, dove il suo punto di vista illumina l'intera vicenda, dove la sua difficile psicologia fa virare la storia più volte...è un bel problema. Giuro che a tratti non ho capito perché facesse certe cose, perché reagisse così. Personalmente è una cosa molto grave che non solo mi ha fatto diventare molto pesante e noioso tutto il film (non che la lotta greco-romana aiuti come sport trattato) ma sommato al resto mi ha generalmente deluso, reagendo con un secco pollice verso.

 

"L'allenatore è un padre, l'allenatore é un mentore, l'allenatore ha un gran potere sulla vita degli atleti." (verissimo)

Commenti: 0