GRAN TORINO

("Gran Torino" - 2008 - 116 minuti)

 

 

Difficile trovare le parole giuste per descrivere e raccontare "Gran Torino". Un film fatto di emozioni più che di azioni, di significati anziché dialoghi, concettuale più che narrativo.

Il Walter Kowalski di Clint Eastwood (semplicemente monumentale) è praticamente un sunto di tutti i suoi personaggi cinematografici, il ruolo che quasi si confonde con l'uomo. Walt è un superstite del mondo antico che vede il paese cambiare con la consapevolezza di non riuscire a tenere il passo, ma estremamente sincero nell'ammettere che questo cambiamento non rientra nei suoi gusti.

Così come davanti alla macchina da presa si cerca il minimalismo, le cui forme sono letteralmente scolpite dalla splendida fotografia del fidato Tom Stern. Anche dietro l'obbiettivo Eastwood si dimostra uno degli ultimi pionieri del cinema classico americano, di cui questa pellicola potrebbe essere un manifesto.

Il regista si prende tutto il tempo per raccontare una storia vera, sincera, fortemente rappresentativa di un' America che sta cambiando (vista attraverso gli occhi di un uomo ancorato ai suoi stili e ai suoi demoni), che vede muoversi personaggi diversi con cammini diversi, ma uniti da un viaggio di costruzione perfettamente calibrato.

Un film che parla di amicizia, di valori, di rispetto, di cambiamento, di impotenza e soprattutto di redenzione, quella più importante, quella personale. "Gran Torino" è una splendida parabola che manifesta l'importanza delle esperienze dirette come catalizzatore per un vero cambiamento, anche a costo di vittime e martiri.

Una piccola storia dai grandi significati, la speranza di poter fare la differenza per qualcuno anche quando ci sentiamo sbagliati con il mondo. Un piccolo capolavoro del Maestro, da vedere e rivedere.

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