"Indipendence Day - Rigenerazione"

("Indipendence Day - Resurgence) - 2016

 

Realizzare il seguito, a venti anni di distanza, di uno dei film più famosi degli anni '90 non era una cosa semplice. Ammiro il fatto che il buon Roland Emmerich, che ormai da anni non azzecca più un film (l'ultimo degno di nota è l'ottimo "L'alba del giorno dopo" del 2004), si sia imbarcato pieno di entusiasmo in questo progetto così rischioso.

Tralasciando il fatto che la storia presenta, nonostante sia così piena di spunti interessanti (molti non sfruttati), varie lacune a livello narrativo (ma non era così anche nel primo capitolo?) è l'impianto stesso del film che si adagia ad un livello più basso rispetto al predecessore e diciamolo subito, per una volta non mi sento di dare la colpa all'eccessivo uso di CGI. Gli effetti sono veramente ottimi e non li ho sentiti troppo invasivi (considerando anche la tematica del film), così come il comparto sonoro è senza dubbio degno di nota. Una nota di merito anche alla fotografia di Forderer, che con una gamma cromatica prevalentemente fredda ci ripresenta una umanità molto più spenta, più incolore, più "aliena", dopo i grandi disastri del passato.

I problemi sono quindi altrove.

Pur sotto la mano esperta di Emmerich, il film non riesce ad esprimere nemmeno la metà dell'epicità del predecessore, anche a causa di un montaggio  veramente troppo veloce, che non lascia il tempo di soffermarsi su niente, se non in alcune fasi iniziali. La musica non aiuta e il bellissimo tema del film non risuona maestoso come una volta ma anzi fa capolino in poche occasioni, troppo troppo troppo timidamente. Anche i dialoghi non risultano "cool" come una prima, per quanto l'intera storia sia una versione patinata e declassata della tamarraggine sfrontata del passato, ed è un peccato perchè diverse situazioni meritavano frasi ad effetto di tutt'altra risma.

L'altro grande problema del film sono purtroppo i personaggi, grande potenzialità invece del predecessore, tanto è vero che gli unici a salvarsi alla grande sono i vecchi David Levinson (Joldblum), il presidente, ora ex, Withmore (Pullman) e l'eccentrico dottor Okun (Spiner). Grazie al loro carisma e alla loro simpatia riescono ad emergere dal mucchio, pur non supportati, come detto, da dialoghi di spessore.

Delle nuove leve mi sento di mettere una sufficienza a Hemsworth, Usher e Monroe, successori ipotetici dei vecchi eroi. Per il resto ci troviamo di fronte a personaggi che vanno dal pessimo all'inutile (con qualche ritorno di troppo che non ha assolutamente nessun peso sulla storia, mah). Un bel casino quando si parla di un film corale...

Eppure, nonostante tutto, non mi sento di bocciare in toto questo film in quanto, pur con tutti i suoi problemi e i suoi limiti, nei 120 minuti non mi sono mai annoiato e mi sono comunque divertito, segno che in qualche modo il ritmo è ben dosato (anche se nella parte finale si nota una repentina e forse eccessiva velocizzazione) e lo sviluppo dei fatti si lascia comunque seguire con un certo interesse. In definitiva una pellicola che non riesce a sviluppare i suoi ottimi spunti di partenza, ma si perde in un racconto corale che manca di forza proprio nei suoi protagonisti, non riuscendo a farci riprovare quell' orgoglio tipicamente americano che scaturiva dal predecessore e faceva dimenticare le mancanze, che diventano quindi più pesanti nell'economia del film.

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