"The neon demon" ("The neon demon") - 2016

 

Da sempre fan del regista danese Nicola Winding Refn, non posso che essere rimasto profondamente deluso da questa sua ultima pellicola, persa in una forma di strabordante narcisismo per le sue stesse immagini, finendo per trasformarsi in una cacofonia di scene dal significato alquanto discutibile, che me lo accostano molto ad altri colleghi suoi connazionali (qualcuno ha detto Von Trier?) sinceramente innamorati più di se stessi che del loro cinema. Il regista ha parlato più volte, a proposito di questa pellicola, di "horror senza horror", ma sono più portato a descriverlo come "film senza significato".

Eppure Refn mi aveva piacevolmente colpito sia con il suo primo "Pusher", sia con lo splendido "Bronson" che con il mai troppo citato "Drive", tutte pellicole che accanto ad una ricerca visiva ben precisa affiancavano una storia che, per quanto semplice, trasportava lo spettatore creando una sorta di trasporto emotivo, in cui gli attori erano elevati e valorizzati al meglio.

Qui purtroppo sembra che la storia non esista, le immagini non sono al suo servizio ma sembra piuttosto il contrario. Il film non solo non racconta nulla, ma lo fa in maniera noiosa e snocciolando ogni tanto delle metafore sulla bellezza e sulla vita votata all'estetica ormai trite e ritrite, incapaci di mettere insieme un messaggio che colpisca.

Gli attori sono tutti sprecati, persi e forse incapaci anche loro di capire effettivamente il significato delle azioni e delle battute del copione. Il motivo poi per cui scritturare la Hendricks e Reeves per poche battute su personaggi piattissimi mi è del tutto ignoto.

L'estetica delle inquadrature, sempre ricercatissima e volutamente estremizzata nei colori (tanto da ricordarmi a volte quella di Tovoli nello splendido Suspiria di Argento) si perde in un quadro statico, privo di forma, che annoia per l'assenza di un qualsivoglia ritmo narrativo.

 

Non mi sorprende che "The neon demon", presentato alla Mostra del cinema di Cannes, sia stato accolto molto male da critica e pubblico per l'eccessivo uso di scene "forti" (possiamo metterci necrofilia, cannibalismo e lesbismo), non tanto per le scene in se quanto per l'uso assolutamente gratuito di queste ultime.  E quando non si cerca, senza riuscirci, di shockare lo spettatore con queste tematiche, partono inquadrature infinite di particolari, primissimi piani, paesaggi semivuoti, come a voler aspettare qualcosa che però non arriva mai. Tutto il film è patinato, lustrato a dovere, confezionato con cura e dovizia. Peccato che all'interno vi sia un vuoto imbarazzante. Dove è finita tutta la potenza di questo cineasta di talento?

Sembra quasi che Refn, attratto dalla voglia di raccontare il significato stesso della bellezza, si sia allontanato dai suoi canoni e abbia cercato di scimmiottare alcuni maestri visivi del genere. Qualcuno gli dica che di Lynch ce n'è uno solo.

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