"Lights Out - terrore nel buio" ("Lights Out") - 2016

 

C'è lo zampino del regista di "The Conjuring" James Wan dietro a questo particolare horror. Nel 2013 infatti, il regista David Sandberg realizza insieme alla moglie, attrice e produttrice, un efficace cortometraggio di 3 minuti destinato a vincere numerosi premi nei circuiti indipendenti, realizzando milioni di visualizzazioni su youtube.

Wan fiuta l'occasione e scommette sul talento del giovane svedese, dandogli la possibilità, con un budget di 5 milioni, di sviluppare il tema del corto, realizzando un lungometraggio sullo stesso tema: un mostro che appare solamente quando la luce è spenta, per poi scomparire quando questa si riaccende. Un'idea semplice ma funzionale che nasconde potenzialità visive notevoli.

Se da un lato infatti la storia risente un po' troppo della troppo esigua trama principale, dal lato tecnico il film diventa veramente interessante per la sua continua ricerca di nuovi modi per presentare l'entità malefica protagonista, attraverso giochi di luce ricercatissimi che aiutano a far funzionare un'idea di base azzeccata.

La natura dell'entità infatti è molto affascinante (nonostante funzioni molto di più quando viene inquadrata la sua sola silhouette, piuttosto che più nel dettaglio come nel finale) e la figura ancestrale che si rifà alla paura comune del buio dona un forte senso di immedesimazione che resta anche una volta finito il film.

La trama è piuttosto basilare: "Diana" compare quando le luci si spengono, terrorizzando il piccolo Martin. Toccherà a sua sorella Rebecca, che da bambina era stata perseguitata dalla medesima creatura, e al suo ragazzo Bret scoprire perché questa è ritornata e che rapporto ha con la loro madre.

Nonostante sia un piccolo film costellato da diversi buchi di sceneggiatura (non ultimo la scoperta dell'intreccio principale, risolta senza troppa fatica), la durata esigua (appena 80 minuti) lo aiuta a mantenere un ritmo serrato senza troppe pause, così come funzionano molto bene le dinamiche tra i personaggi, con una protagonista (Teresa Palmar, una delle pochissime cose che si salvava da "Warm Bodies") che funziona in maniera piuttosto credibile, senza troppi fronzoli.

Sandberg impara da Wan come si dosa perfettamente la tensione, giocando molto più sul "vedo non vedo" che su effetti in CGI piuttosto artificiosi, e creando il giusto mix di tensione e paura che serve ad un prodotto del genere.

Un semplice film d'intrattenimento, visivamente accattivante ma che risente di una sceneggiatura davvero troppo povera per lasciare il segno. La scommessa di Wan sul talento del giovane regista svedese sembra interessante, vedremo se il futuro gli darà ragione.

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