IT - CAPITOLO DUE

("It: Chapter Two" - 2019 - 169 minuti)

 

 

 

Muschietti è un abile narratore e un ottimo compositore di emozioni, capace di massimizzare al meglio un budget modesto e ideare soluzioni visive interessanti, questo è certo. Lo ha dimostrato con il primo capitolo di It e ancor prima con il sottovalutato "La Madre". Purtroppo, in questa seconda parte, l'enorme budget stanziato e la voglia di blockbuster non hanno fatto che danneggiare il cinema di Muschietti, stavolta incapace di realizzare un film memorabile, che funziona solo a tratti e che presenta dei problemi evidenti a livello di scrittura.

Frase:

Qui si corre quando c'è da rallentare e si rallenta quando c'è da correre!

 

Spiegazione del dettaglio:

La cosa davvero assurda è che dopo 169 lunghissimi minuti ci rendiamo conto che molte parti sono state trattate con imperdonabile leggerezza, altre sembrano mancanti, altre ancora sembrano molto slegate fra di loro. In compenso resta più che scolpita nella mente l'interminabile battaglia finale, in un terzo atto noioso, scontato e che apporta cambiamenti inspiegabili al testo originale, dove queste trasposizioni avevano il loro punto di forza rendendo quanto più possibile lo spirito dell'opera di King. Mi rende confuso quindi la decisione di banalizzare una risoluzione finale in questa maniera, che non riflette in alcun modo l'intelligenza e l'inventiva del regista e dello scrittore (qui presente anche in un cameo, per cui sicuramente d'accordo con il cambiamento fatto), decisamente troppo votata all'azione fine a se stessa e finalizzata all'uso di CGI forzata.

Detto questo, la pellicola presenta i suoi punti di forza (perché ci sono, non facciamo di tutta l'erba un fascio) quando l'azione rallenta e si decide di mettere in scena l'introspezione psicologica del personaggi, il loro legame, la magica atmosfera di Darry, la inquietante forza visiva degli orrori di Pennywise (uno Skarsgard sempre convincente ma meno pauroso), il cambio di scena tra passato e presente (alcune dissolvenze sono quadri in movimento). I perdenti adulti, pur frutto di un casting veramente azzeccato, perdono alla grande la sfida con la splendida controparte giovane per alchimia, carisma, dramma (così come nel libro) e i nomi di McAvoy e Chastain non riescono a risollevare un cast che non trova quel legame di cui avrebbe bisogno per risultare credibile, colpa di un background troppo semplificato (sono state eliminate troppe sottotrame tanto che il personaggio di Henry Bower risulta addirittura inutile) e qualche battutina di troppo. Risulta invece più riuscita la parte centrale (la mia preferita), quella relativa alla ricerca dei ricordi, in cui finalmente si lascia lavorare recitazione e regia sui protagonisti.

Un film decisamente inferiore al primo capitolo e riuscito solo in parte, molto curato dal lato tecnico ma frutto di discutibili scelte in fase di pre-produzione (probabilmente forzate dalla Warner dopo il grande successo della prima parte) che hanno spinto il regista a snaturare il suo stile piegandosi troppo alle regole del blockbuster e iniziando così una reazione a catena che è andata a minare l'intera riuscita dell'opera.

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