"Departures" ("おくりびと, Okuribito") - 2008

 

Meglio premettere che con questo "Departures" di Yojiro Takita (premio oscar 2009 per il miglior film straniero, direi meritato) lo stile di narrazione segue i canoni del cinema orientale, con un ritmo estremamente più lento del nostro e con tematiche molto spirituali sottolineate da lunghi silenzi. Messi in quest'ordine di idee, il film si rivela però una piacevole sorpresa, specie nella prima parte, più riuscita, in cui i momenti toccanti si alternano perfettamente con alcuni più divertenti (complice anche l'ottima mimica del protagonista Motoki). Con l'andare avanti, purtroppo, il ritmo forse cala eccessivamente e la parte finale può forse risultare un pò pesante per alcune ridondanze di temi trattati (130 minuti di durata sono forse troppi).

Se devo infatti trovare una pecca, forse sceneggiatore e regista hanno talvolta esagerato nel volersi rendere chiari e accessibili a un pubblico il più ampio possibile, sottolineando con parole o con richiami visivi (il sasso su tutti), alcuni aspetti che sarebbero comunque arrivati, semplificando forse troppo alcuni momenti.

Ciò comunque non intacca la qualità indiscutibile della pellicola che, trattando un tema veramente originale come l'arte della preparazione della salma (il "nokanshi" una vera "danza" coreografata fin nei dettagli, antico mestiere purtroppo malvisto da pregiudizi), riesce a parlare di un uomo, del suo rapporto con se stesso e con le persone che lo circondano. Un film che parla di delusioni, rimpianti e un passato che, inesorabilmente, ritorna sempre per il suo tributo.

Interessante la parte deI capo Sasaki, interpretato con grande intensità, distrugge la qualificazione macabra e tetra che solitamente accompagna il mestiere di becchino per sostituirla con una cerimonia rispettosa che, in composto e discreto silenzio, dice molto più di lunghe prediche sacerdotali, sempre immersi nella magica atmosfera del film, sostenuto dalle bellissime musiche del maestro Joe Hisaishi già autore di diverse colonne sonore per Takeshi Kitano e Hayao Miyazaki.

Un film a tratti commovente, a tratti divertente, a tratti metaforico, sicuramente raffinato.

La regia è composta, senza virtuosismi, semplice come sono semplici le persone raccontate. Si sofferma sui dettagli, dando il tempo di analizzarli e capirli.

Departures alla fin fine parla di un viaggio, ma non solo quello verso l'aldilà (un nuovo modo di concepire la morte, assente nella nostra cultura occidentale, che porta ad accettarla con serenità) ma anche e sopratutto quello del protagonista: il rapporto con un padre assente da anni, l'amore incondizionato per la cara figura materna e la difesa del valore poetico della vita sempre e comunque sono i temi che scandiscono il raggiungimento della maturità di Daigo.

 

Con lui, osserviamo il suo difficile cammino nella vita e il suo ritorno al passato, come un salmone che lotta controcorrente per ritrovare il luogo di origine. Poco importa cosa lo aspetta alla fine del viaggio e se la strada percorsa ha avuto un significato.

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