10 CLOVERFIELD LANE

("10 Cloverfield Lane" - 2016 - 103 minuti)

 

Il seguito di Cloverfield è stato un film inaspettato all'epoca, un po' perché fu girato in grande segretezza (e la messa in scena lo permetteva ampiamente), un po' perché nessuno si aspettava il proseguo di una storia che sembrava ormai persa nel dimenticatoio, nonostante il grande interesse dei fan per i tanti misteri ancora irrisolti di quel "Cloverfield" del 2008.

Considerare però "10 Cloverfield Lane" come un mero seguito può trarre in inganno: la pellicola ha infatti poco da spartire, a meno di fantasiose teorie, con il monster-movie precedente, se non il nome "Cloverfield", inserito quasi a forza per renderlo parte di una saga.

La pellicola effettivamente si divide in 2 parti, in maniera abbastanza netta e con risultati divergenti. La prima parte, che occupa praticamente tutto il film, si svolge in un ambiente chiuso, affossante, mettendo in atto l'importanze delle dinamiche di gruppo, risaltando la recitazione degli attori, la notevole capacità di creare ansia e suspense. La macchina da presa gioca con molta intelligenza negli spazi, soffermandosi spesso su stanche luci al neon, con le pareti che sembrano ora una protezione, ora una prigione. John Goodman si conferma un attore eccezionale, capace di trasmetterti contemporaneamente sollievo e paura. La sua mimica, i suoi silenzi, i suoi sorrisi, i suoi sguardi ambigui ti lasciano sempre spiazzato fino a mettere in dubbio ogni suo gesto. Sarà vero? Sarà falso? Questa la grande dicotomia che pervade ogni scena, mettendo lo spettatore in uno stato perennemente interrogativo. Le altre due ottime performance di Mary Elizabeth Winstead e Jonh  Gallagher Jr., entrambi capaci di star dietro alla grande recitazione di Goodman, mettono il loro punto di vista al servizio dello spettatore, aiutando l'immersione nella vicenda.

La trama è fumosa, l'azione esigua, si fatica a trovare il punto centrale su cui concentrare l'attenzione chiedendosi continuamente dove la storia vuole andare a parare... Ma dove in altri film questi elementi sono difetti in questa pellicola il senso di straniamento al contesto è un grandissimo pregio.

Tutto prosegue liscio e avvincente fino alla seconda parte, gli ultimi 10 minuti finali, che sembrano attaccati in post-produzione per giustificare il titolo del film. Non regge la dichiarazione che il regista, Dan Trachtenberg, ha fatto sulla storia, intesa come metafora della violenza psicologica sulle donne che mai finisce anche quando si sembra al sicuro. La parte finale sembra avulsa da tutto il resto, sia come ritmi che come messa in scena. Non c'è sorpresa, ma solo delusione.

Un film così piccolo, intimo, umano, claustrofobico, quasi teatrale, che più si avvicina al thriller psicologico che a un film di fantascienza cade nel finale più blando e caciarone si potesse trovare. Un peccato, un vero peccato per una pellicola che poteva essere una perla al 100%.

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